LA GUARIGIONE AVVIENE IN ONDE, MA ANCHE A STRATI - HEALING COMES IN WAVES, BUT IN LAYERS TOO

Siamo tutti sempre e in qualche modo in cammino verso la guarigione. Segnati dal peccato originale, con cui veniamo al mondo, il nostro viaggio sulla terra é un viaggio di costante guarigione, verso l’assoluta pienezza e libertà di figli, in Dio Padre. 

“La verità vi farà liberi”, dice Gesù. In questi anni passati, ma soprattutto in questi mesi, guarigione e libertà mi sono apparse come due cose estremamente legate, vicine, imprescindibilmente connesse e consequenziali.

La Prima lettura di qualche giorno fa me lo ha ricordato: dei due figli di Abramo, uno schiavo, e uno libero, uno nato dal peccato dell’uomo che non si fida del tutto di Dio, e l’altro frutto della promessa che Dio fa all’uomo, siamo chiamati ad essere fratelli dell’uomo libero.

Ma come si conquista quel tipo di libertà? 

Quando si parla di guarigione, come uomini e donne adulti, sentiamo, nelle vene profonde delle nostre storie personali, che questo percorso non sia solo contingente alle ferite del presente - quelle di una fine, una malattia, un lutto, una delusione, una consapevolezza appena apparsa, un evento che ci ha profondamente scossi. Esso é anche e soprattutto il risultato di ferite che per tutti gli anni della nostra vita, da quando siamo nati, ci han segnato, e dalle quali, se non guariamo fino in fondo, continueremo ad essere feriti.

Scopriamo poi nel tempo, che oltre a quelle della nostra storia di individui, ci sono anche ferite intergenerazionali, che ci portiamo dentro dalla nostra storia familiare, nel nostro sangue, nel nostro DNA, ferite che a qualcuno tocca portare sulle spalle e recidere, guarire una volta per tutte. 

E’ un’esperienza comune, della vita sulla terra, che incontrandoci, amandoci, unendoci ad altre persone – senza scelta, come per la famiglia d’origine, o per scelta, nel caso dei partners – stiamo scambiandoci e prendendo su di noi anche le ferite altrui, le storie altrui, e gli altrui dolori: quei ricami, a volte complicatissimi e intricati, della storia di ognuno, a cui sta a ognuno slegare o legare diversamente, perché il disegno dal rovescio dell’arazzo, alla fine del lavoro, abbia un senso, se guardato dalla parte giusta, e soprattutto ci permetta di scoprire il ricamo che Dio aveva pensato per noi fin dal nostro concepimento.

Si dice spesso che “la guarigione avvenga in onde”. Chiunque abbia attraversato un dolore profondo ne ha fatto esperienza. A giorni si crede di stare molto meglio, ci si sorprende della forza che si sente, e ad altri sembra di essere tornati indietro e che nessun progresso sia stato fatto. Perché la guarigione non é lineare: il corpo, la mente e il cuore hanno tempi diversi di adattamento. 

In questi ultimi mesi, tuttavia, ho capito anche un’altra cosa: che la guarigione avviene in strati.

In strati, come quelli del sottosuolo, divisi per profondità: la lettiera, l’hummus, lo strato minerale e la roccia madre – o gli strati del cielo, dominati da elementi differenti, precedenti allo spazio sconfinato. Così avviene anche per la guarigione e le ferite.

Cruciale é il nome di “roccia madre”, per indicare lo strato più in profondità del sottosuolo, su cui poggia tutto. Se essa é ferita, quanto costruito sopra, sarà instabile e in pericolo di crollo. Allo stesso modo, si può guarire molto facilmente in superficie, ma non curare mai le ferite piu in profondità. La profondità e l’altezza sono speculari, cosi come imprescindibilmente connesse la guarigione e la libertà, e se non si cura la “ferita madre”, non si può essere liberi di raggiungere il cielo.

Vere e proprie prigioni, non solo ai nostri occhi, che potrebbero ingannarci a noi stessi, ma anche a quelli altrui.

Ci sono persone più capaci di reagire nell’immediatezza, affrontare le ferite fresche ma anche più superficiali, sorridere comunque.

Imparare a gustare nuovamente dei piccoli momenti di bellezza, gioia e piacere che la la vita può donarci, é sicuramente l'inizio di una guarigione, ma non é affatto detto che sia la prova di una guarigione profonda, e completamente avvenuta. 

“Ti vedo felice”, si dice. Ma é un vedere superficiale, passeggero.

La guarigione totale é un percorso lungo: deve avere tempo e modo di penetrare fino alla roccia madre, passare attraverso gli strati di vita, tempo, persone, esperienze e altre ferite che nel frattempo si saranno accumulate, una dopo l’altra, una sopra l’altra, e che a volte nascondono la ferita originaria o a volte, semplicemente, richiedono piu tempo per guarire.

Qualche giorno fa era la giornata mondiale della salute mentale. Penso a quante persone, adolescenti, soprattutto, siano intrappolate da sorrisi momentanei, magari per i social, magari nella disperata ricerca di star bene o far credere di stare bene, quando dentro sono spezzati, rotti, profondamente feriti. La tristezza é la malattia del nostro tempo.                                                                                                

Penso alle storie di ragazzi suicidi che fino al giorno prima postavano foto dei loro sorrisi, e ai commenti dei loro genitori che in maniera sorpresa dicono: “come potevamo accorgerci che stesse male, la vedevamo sempre sorridente”.

Ci siamo abituati così tanto a vivere in un mondo “visivo”, dove solo quello che si vede e appare, é, che abbiamo dimenticato come si fa a sentire e vedere col cuore quello che non viene mostrato. 

Guarire fa male. Non c’é processo di guarigione che sia indolore, facile, o veloce. Tranne nei casi dei miracoli – che esistono, ma che non sono per tutti. E anche in quei casi, c’é comunque un passato da affrontare, e con cui riconciliarsi. 

Possiamo essere perdonati, ma non liberi. E finché non saremo liberi non potremo dirci guariti fino in fondo, cosi come non saremo guariti fino in fondo, finché non saremo liberi completamente. E in questa epoca di grandi e apparenti libertà, laddove credo profondamente che la libertà sia "l'essere liberi di essere quello che Dio padre ci ha creato per essere" vedo, al contrario, tante persone ferite, e quindi, paradossalmente, schiave. 

Agiamo per ferite, scegliamo per ferite. 

Nasciamo già a pezzi, ed é per questo che senza Dio non possiamo fare niente. 

Le ferite non guarite provocano paure, ansie, attaccamenti sbagliati e non sani, rabbia, fuga. Il nostro cervello e il nostro cuore possono essere delle risorse estremamente potenti, eppure anche fragilissime e sensibilissime.

Ci sono legami problematici con i genitori nella nostra infanzia e mai curati, ci sono lutti, di quando eravamo piccoli, che non abbiamo mai accettato. Violenze che non abbiamo mai superato, abbandoni, insuccessi, fallimenti. La lista dei possibili eventi é infinita e unica, nell’unicità che sono tutte le nostre vite, eppure tutti potremmo riconoscerci in una manciata di ferite originarie che hanno tutte nomi simili, perché simile é il peccato.

La ferita si cura solo con l’amore, con il totale amore, accoglimento e perdono di qualsiasi cosa sia successo a noi, a causa nostra o degli altri. Della nostra famiglia, di un passato che non abbiamo fatto niente per creare e che pure ereditiamo, di chi ci ha fatto del male o a cui abbiamo fatto male, per primi noi stessi, attraverso le nostre azioni e scelte.

Se non faremo questo, non potremo mai guarire. Una volta fatto questo, una nuova vita inizia, una vita alla luce della dignità di figli, una dignità nuova, riscoperta, ricordata. La roccia madre é stata guarita e adesso tutto può ricominciare.

A volte, le ferite non sono così di facile riconoscimento. E nessuno può vincere un nemico che non conosce. Occorre scavare, dentro quei strati di terra. Sporcarsi, faticare per rompere le pietre che possono esserci tra uno strato e l’altro, far venire alla luce, guardare in faccia cose che non ci piaceranno.

Perché alla fine, questo fa Gesù con noi: fa venire alla luce tutto ciò che era nascosto, e più gli siamo vicini, più cose vengono rivelate. A volte, ci mette accanto alle persone o agli eventi che toccandoci, in quella ferita, e ferendoci ancora, paradossalmente ci stanno anche aiutando a riconoscere che c'era una ferita da curare, condizione imprescindibile per la vera guarigione.

Se non avessimo avuto bisogno di guarigione, Gesù non sarebbe venuto sulla terra. E finché non guarderemo alla nostra vita e al nostro cuore come un percorso in cui abbiamo un costante bisogno di guarire, staremo negando ferite che forse non sappiamo neanche di avere, e che pure stanno influenzando, in un modo o nell’atro, la nostra vita presente, le nostre relazioni, il nostro lavoro, le nostre scelte.

La guarigione avviene a strati. Dio ci vuole liberi e guariti, liberi di poterLo trovare nell’infinità del cosmo, e insieme a Lui il sogno che aveva pensato per noi il giorno in cui ci chiamò all’esistenza. E’ un viaggio di ritorno a casa, la vita sulla terra, un viaggio di memoria, in cui siamo chiamati a scoprire – ma in un processo che sa quasi del ricordo – la ragione della nostra vita, la chiamata unica e speciale per ognuno di noi. La chiamata all’amore, certo: ma come, dove, chi, in quale paese, in quale lingua, facendo cosa?

Pensiamo a quel sogno come alla memoria dei nostri padri, del nostro Padre, davvero, che per noi ha già sognato quel sogno, inscritto nei cieli. Abbandoniamo le zavorre delle ferite e voliamo fino al cosmo. Ritroveremo noi stessi, e saremo liberi davvero.

ENGLISH Translation

Disclaimer: My dear English Speaking friends, forgive me if this translation is not the best one - I unfortunately don't have the time to do a great work with it! - but many of you asked me to translate my blog, so I tried to offer you the best I could!

HEALING COMES IN WAVES, BUT IN LAYERS TOO 

We are all always and somehow on the way to healing. Marked by original sin, with which we come into the world, our journey on earth is a journey of constant healing, towards the absolute fullness and freedom of children, in God the Father.

“The truth will make you free”, says Jesus. In these past years, but especially in these months, healing and freedom have appeared to me as two things that are extremely linked, close, inextricably connected and consequential.

The First Reading a few days ago reminded me of this: of the two sons of Abraham, one slave, and one free, one born from the sin of man who does not completely trust God, and the other fruit of the promise that God made to man, we are called to be brothers of the free man.

But how do we get that kind of freedom?

When we talk about healing, as adult men and women, we feel, in the deep veins of our personal stories, that this path is not only contingent on the wounds of the present - those of an end, an illness, a bereavement, a disappointment, an awareness just appeared, an event that deeply shaken us. It is also and above all the result of wounds that have marked us for all the years of our life, since we were born, and from which, if we do not fully heal, we will continue to be wounded.

We then discover over time, that in addition to those of our history as individuals, there are also intergenerational wounds, which we carry within us from our family history, in our blood, in our DNA, wounds that someone has to carry on their shoulders and cut, heal once and for all.

It is a common experience, of life on earth, that by meeting, loving, uniting ourselves to other people - without choice, as for the family of origin, or by choice, in the case of partners - we are exchanging and taking upon ourselves also the wounds of others, the stories of others, and the pains of others: those embroideries, sometimes very complicated and intricate, of the story of each one, to which it is up to everyone to untie or tie in a different way, because the design from the reverse of the tapestry, at the end of the work, would make sense, if looked at from the right side, and above all, would allow us to discover the embroidery that God had thought for us since our conception.

It is often said that "healing happens in waves". Anyone who has gone through deep pain has experienced it. One day we think we are feeling much better, we are surprised at the strength we feel, and others it seems that we have gone back and that no progress has been made. Because healing is not linear: the body, mind and heart have different times of adaptation.

In recent months, however, I have also understood another thing: that healing takes place in layers too.

In layers, such as those of the subsoil, divided by depth: the litter, the hummus, the mineral layer and the mother rock - or the layers of the sky, dominated by different elements, preceding the boundless space. The same is true for healing and wounds.

Crucial is the name of "mother rock", to indicate the deepest layer of the subsoil, on which everything rests. If it is injured, the above will be unstable and in danger of collapse. Likewise, we can heal very easily on the surface, but never heal the deeper wounds. The depth and height are mirrored, as well as healing and freedom are inextricably connected, and if the "mother wound" is not treated, one cannot be free to reach the sky.

Real prisons, not only in our eyes, which could deceive us, but also those of others.

There are people more capable of reacting immediately, facing fresh but also more superficial wounds, smiling anyway.

Learning to enjoy again the small moments of beauty, joy and pleasure that life can give us, is certainly the beginning of a healing, but it is by no means the proof of a profound and completely healing.

“I see you happy”, they say. But it is a superficial, passing sight.

Total healing is a long path: it must have time and a way to penetrate to the mother rock, to pass through the layers of life, time, people, experiences and other wounds that in the meantime have accumulated, one after the other, one above the other, and that sometimes they hide the original wound or sometimes simply take longer to heal.

A few days ago it was World Mental Health Day. I think of how many people, especially teenagers, are trapped by momentary smiles, perhaps for social media, perhaps in the desperate search to feel good or make people believe they are okay, when inside they are broken, deeply wounded. Sadness is the disease of our time.

I think of the stories of suicidal teens who until the day before posted photos of their smiles, and the comments of their parents who, in a surprised way, say: “how could we have noticed that she was sick, we always saw her smiling”.

We have become so used to living in a "visual" world, where only what is seen and appears, is real, that we have forgotten how to hear and see with the heart what is not shown.

Healing hurts. There is no healing process that is painless, easy, or quick. Except in cases of miracles - which exist, but which are not for everyone. And even in those cases, there is still a past to face, and to reconcile with.

We can be forgiven, but not free. And until we are free we will not be able to say that we are completely healed, just as we will not be completely healed, until we are completely free. And in this era of great and apparent freedom, where I deeply believe that freedom is "being free to be what God the Father created us to be" I see, on the contrary, many wounded people, and therefore, paradoxically, slaves.

We act out of wounds, we choose out of wounds.

We are already born in pieces, and that is why without God we can do nothing.

Unhealed wounds cause fears, anxieties, wrong and unhealthy attachments, anger, flight. Our brain and heart can be extremely powerful resources, yet also very fragile and very sensitive.

There are problematic bonds with parents in our childhood and never cared for, there are griefs, from when we were little, that we never accepted. Violence that we have never overcome, abandonments, failures. The list of possible events is infinite and unique, in the uniqueness that all our lives are, yet we could all recognize ourselves in a handful of original wounds that all have similar names, because sin is similar.

The wound is only healed with love, with total love, acceptance and forgiveness of whatever has happened to us, because of us or because of others. Of our family, of a past that we have not done anything to create and which we also inherit, of those who have harmed us or to whom we have done harm, first ourselves, through our actions and choices.

If we don't do this, we will never be able to heal. Once this is done, a new life begins, a life in the light of the dignity of children, a new dignity, rediscovered, remembered. The mother rock has been healed and now everything can start over.

Sometimes, the wounds aren't that easy to recognize. And no one can overcome an enemy he does not know. It is necessary to dig into those layers of earth. Get dirty, work hard to break the stones that may exist between one layer and another, bring to light, look at things in the face that we will not like.

Because in the end, this is what Jesus does with us: he brings to light all that was hidden, and the closer we are to him, the more things are revealed. Sometimes, it puts us next to the people or events that touching us, in that wound, and wounding us again, paradoxically, are also helping us to recognize that there was a wound to heal, an essential condition for true healing.

If we did not need healing, Jesus would not have come to earth. And until we look at our life and heart as a path in which we have a constant need to heal, we will be denying wounds that we may not even know we have, and which are also affecting, in one way or another, our own present life, our relationships, our work, our choices.

Healing occurs in layers. God wants us free and healed, free to be able to find Him in the infinity of the cosmos, and together with Him the dream he had thought for us on the day he called us into existence. It is a journey back home, life on earth, a journey of memory, in which we are called to discover - but in a process that almost looks like a memory - the reason for our life, the unique and special call for each of us.  

The call to love, of course: but how, where, who, in what country, in what language, doing what?

We think of that dream as the memory of our fathers, of our Father, truly, who has already dreamed that dream for us, inscribed in the heavens. 

Let us abandon the weights of wounds and fly to the cosmos. We will find ourselves again, and we will be truly free.