NOI SIAMO INFINITO: MA LO RICONOSCIAMO?



E’ venerdì santo, da ieri le chiese sono aperte fino a notte fonda e nel paese si respira più silenzio. Prima dell’alba e con ancora il freddo, una piccola processione di donne devote all’Addolorata si è incamminata per le strade, ad accompagnare col cuore la Madonna che in questa stessa notte cercava Gesù, per poi trovarlo insanguinato e sfigurato durante la flagellazione.
Sono giorni particolarmente santi, questi,
e ci sforziamo, come chiesa, di dedicare tempo, spazio, e manifestazioni di fede a queste ore.
Processioni, messe che vorremmo fossero più solenni delle altre, momenti di preghiera.
E in questi giorni, mentre osservo l’attitudine dell’uomo di fronte al sacro,
penso a come ci poniamo gli uni nei confronti degli altri.
Come esseri umani, non siamo solo carne e sangue, mente e corpo. Ma siamo dotati di un’anima infinita. C’è chi non ci crede, ma chi di noi ci crede, invece, tratta poi l’altro, con questo rispetto? E noi stessi, come ci trattiamo?
Quando ci guardiamo allo specchio, crediamo che stiamo guardando un pezzo di infinito? E quando guardiamo l’altro,
ci crediamo allo stesso modo?
Un pezzo di infinito…cosa vuol dire esattamente?
Pensiamo alla cosa più preziosa che abbiamo: oltre alle cose materiali, le cose più importanti che abbiamo sono le persone. Madri, padri, fratelli, sorelle, figli, nonne, amiche, amici, bambini. Ma perché sono preziose? Perché li amiamo? No, paradossalmente, il loro valore è intrinseco: perché sono persone, e quindi, sono infinite.
Al cospetto di un’altra persona, siamo al cospetto dell’infinito. Al cospetto di noi stessi, ogni mattina,
quando ancora addormentati ci guardiamo allo specchio e quasi non riconosciamo quel riflesso
infreddolito e stanco che ci rappresenta, siamo infinito.
Nelle nostre lacrime e nella nostra rabbia, siamo infinito. Nella nostra debolezza e nella nostra bruttezza,
siamo ancora infinito.
Perfino in una prigione, dopo aver commesso il peggiore dei crimini, siamo sempre infinito.
E in un letto di ospedale, morenti, magari in coma e non più capaci di comunicare e di interagire,
siamo ancora infinito.
Questa è la nostra dignità, questa è la dignità di figli di Dio. Pezzi di infinito, cose sacre. Siamo cose sacre.
Si parla tanto di “rispetto”, nel mondo moderno. Come se fosse qualcosa per cui darci una medaglia.
Ma il rispetto per una persona non è neanche il minimo a cui siamo chiamati.
Il rispetto si dovrebbe dare a chiunque. Anche le cose - del tutto materiali -  andrebbero rispettate,
perché frutto del lavoro di un uomo.
Rispettiamo le cose perché rispettiamo l'umanità che c’è dietro: è l’uomo la misura, nella sua immensa dignità. 
E se l’uomo è più di mente e carne, ogni volta che siamo di fronte a noi stessi o agli altri, siamo di fronte alla quintessenza della sacralità. 
Non è sacro solo un pezzo di pane consacrato che diventa vero corpo di Gesù, è sacro anche il nostro corpo.
Non è sacra solo l’ora della messa in chiesa, è sacra l’ora che passo con una persona che amo,
o anche una che non amo.
Abbiamo talmente perso questa percezione di noi stessi, che negli altri facciamo ancora più fatica ad averla.
E tuttavia, l’amore ci riavvicina a questa consapevolezza misteriosa. Quando amiamo qualcuno,
qualcosa dentro ci dice che quella persona è la cosa più preziosa del mondo.
E non solo perché l’amiamo, ed è importante per noi, ma perché l’amore è quella cosa magica
che ci permette di varcare il contingente,
andare oltre la realtà presente, sfiorare il mistero dell’universo, vedere con più acume
e con verità cose che non riusciremmo a vedere altrimenti.
Se potessimo innamorarci di tutti, in qualche modo, con il cuore, e andare oltre la contingenza,
probabilmente ameremmo un po' di più come ci ama Dio.
Dio ci guarda come figli, e figli di infinito. Per lui non siamo solo figli suoi, ma prendiamo parte a una creazione - ne siamo la parte più miracolosa in realtà - e siamo anime infinite. Siamo carne e siamo infinito, il meraviglioso mistero dell’uomo.
Se il cielo stellato ci sembra una cosa bellissima - e io l’ho sempre amato da morire -
tanto più sono gli occhi di una persona che ci guarda o che guarda il mondo.
Se la natura nella sua possenza ci meraviglia, tanto più è la forza che ci portiamo dentro della quale
siamo spesso inconsapevoli.
Se tanto ci sorprendono i tramonti, tanto più le braccia di un essere umano che è capace
di accogliere il peggio della vita e ancora continuare ad amare. 
E anche quando non ne siamo capaci, anche quando siamo il peggio di noi stessi,
quel peggio non scalfisce quel diamante che ci portiamo dentro.
Lo adombra sicuramente, ma non lo scalfisce. Non può scalfirlo. Perché un diamante è tale anche dentro un cassetto. 
Aprire una finestra sull’infnito che ci portiamo dentro vuol dire aprire un portale, un buco nero, prendere una navicella spaziale e scoprire i misteri del mondo ed esplorarli. Da piccola volevo fare l’archeologa, poi ho capito che volevo viaggiare dentro il cuore dell’uomo. E la cosa più incredibile è che tutto questo avviene, esattamente, nella quotidianità, nello spazio tra un bar e una tazzina di caffè, tra una passeggiata ed una chiacchierata, tra un tavolo di lavoro ed un computer, tra un letto e una cucina, tra le mura di una casa piccola, tra un’arancia e un piatto di pasta.
Ci sono mille modi di vivere. Alcuni ci elevano, altri ci abbassano. Alcuni ci ricordano della nostra infinita dignità, altri contribuiscono a farcene dimenticare. Alcune parole ci arricchiscono, altre ci impoveriscono; alcuni pensieri ci aiutano a svelare qualcosa del nostro cuore e della luce che ci portiamo dentro, altri ci fanno ripiombare nel buio della fragilità.
In questo venerdì santo, in cui Dio ha dato la Sua vita per quelle che riteneva le cose più preziose di tutte - noi -
vi auguro di ritrovare l'infinito che siete
e che sono tutti gli altri che avete accanto, e di scegliere di vivere all’altezza di quell’altezza che vi portate dentro.
Solo allora saremo capaci di essere il meglio, amare al meglio, vivere al meglio.
Risvegliamoci al valore infinito che ci portiamo dentro. Dio ci ha amato così tanto che non ha esitato a morire per noi, affinché noi potessimo rinascere.
Buona Resurrezione a tutti!


Commenti

  1. Senza parole. Non avrei mai pensato di leggere questo "libro" su noi stessi. Brava e GRAZIE

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  2. "...E tu lascia ch' io guardi questi occhi che Dio ti ha dati, così densi di cielo - profondi come secoli di luce inabissati al di là delle vette-" (tratto da "Bellezza" di Antonia Pozzi).

    Grazie, cara Anna Raisa, delle tue riflessioni, della tua testimonianza di Fede, del tesoro prezioso che custodisci nel cuore.
    Buona Resurrezione a te! Con l'augurio che ci lasciamo cambiare dal Suo Amore.
    Silvia

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  3. Sei bravissima e ti ringrazio.
    Le tue parole sono una finestra sulla luce che è solo Gesù.
    Che Dio ti benedica.

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